“Specchio del tempo”, la rubrica di Marco Biagi
Le festività, questo è il periodo dell’anno in cui la società sembra assumere un’aria più dolce e accogliente. Le città si illuminano di mille luci, i negozi si riempiono di addobbi e canzoni gioiose, e le persone si riscoprono gentili. Ma dietro questo scenario idilliaco si nasconde un rovescio della medaglia che alcuni non amano guardare troppo da vicino. Quello che riflette un certo grado di ipocrisia, consumismo e una carità di facciata che dura il tempo di un panettone.
Regali: amore o debito sociale?
A tutti fanno piacere i regali. Senza ombra di dubbio molti sono soliti scambiarseli per vero affetto. Con il desiderio di condividere il proprio, con chi si ama. Assistiamo anche a casi di generosità disinteressata, ovvero il non aspettarsi niente in cambio. C’è chi fa ancora regali “senza far sapere alla mano destra quello che fa la mano sinistra” rimanendo anonimo per non obbligare ad una sorta di gratitudine forzata.
Però quanti doni scambiati, nascono da un autentico desiderio di far felice qualcuno? Non moltissimi, probabilmente. Molti regali non sono altro che un obbligo sociale, un debito simbolico che ci sentiamo costretti a saldare. "Devo fare un regalo al collega, alla zia lontana, al vicino di casa… altrimenti che figura ci faccio?" Ecco il mantra di tanti. Non si dona per amore o affetto, ma per paura di essere giudicati. La conseguenza è un’esplosione di oggetti inutili, acquistati frettolosamente e spesso senza il minimo pensiero sul destinatario.
Famiglia: abbracci veri o di circostanza?
Le festività sono occasione per veder riunita la famiglia. Un bellissimo film di Mario Monicelli “Parenti serpenti” rappresenta la riunione di una famiglia che piena di buoni sentimenti, arriva ad orchestrare un terribile progetto, quando scoprono che gli anziani genitori vorrebbero andare a vivere con qualcuno di loro. È sicuramente un estremo ma non coglie molto lontano da una verità. Peccato che per molti riunirsi con parenti lontani sia più una condanna che una gioia. Ci si ritrova attorno alla tavola con sorrisi tirati, scambiandosi abbracci e auguri che, in realtà, non significano nulla. Il resto dell’anno queste persone si ignorano, o peggio, si parlano alle spalle. Eppure, si recita il copione della famiglia unita, perché così si deve fare.
Carità: generosità o esibizionismo?
E poi c’è la questione della carità, quel fenomeno per cui tutti diventano improvvisamente più generosi. Si organizzano cene per i poveri, si donano soldi alle associazioni, si distribuiscono coperte ai senzatetto. Gesti encomiabili, certo, ma viene da chiedersi: perché solo in un determinato periodo dell’anno? I poveri non scompaiono a gennaio. I senzatetto non trovano miracolosamente una casa il 7 gennaio. Eppure, passato il periodo delle festività, la maggior parte di queste iniziative svanisce nel nulla. Qualcuno potrebbe dire, meglio che niente, va pur bene così. Ma certo, sicuramente, però questo evidenzia un dato preoccupante, la verità è che molti si dedicano alla beneficenza non per autentica empatia, ma per il bisogno di sentirsi migliori, di esibire la propria bontà davanti agli altri. È una carità che nasce dal bisogno di ostentare, non dall’amore per il prossimo.
Il consumismo travestito dall’amore
Un altro aspetto contemporaneo è il consumismo che caratterizza le festività. Le feste sono diventate il momento clou per gli acquisti, con centri commerciali presi d’assalto e pubblicità che ci bombardano di messaggi subliminali. “Compra questo, regala quello, dimostra il tuo amore con un oggetto.” È questo il messaggio che ci viene inculcato.
Il risultato? Debiti accumulati sulle carte di credito, persone che si rovinano economicamente pur di rispettare le aspettative sociali. Si perde di vista il significato autentico del fare un regalo, un dono fatto con il cuore e non per dovere.
Un periodo di buoni sentimenti e tanti di indifferenza
Ma ciò che più colpisce delle festività è la dissonanza tra i buoni sentimenti che si ostentano e l’indifferenza che regna sovrana per il resto dell’anno. Tutti sono più gentili, più disponibili, più attenti agli altri. Peccato che questa bontà sia un fuoco di paglia destinato a spegnersi appena si tolgono gli addobbi.
La vera sfida non è essere buoni in un periodo, ma mantenere quella bontà nei mesi successivi. Eppure, per la maggior parte delle persone, le festività sono solo una parentesi, un’occasione per sentirsi migliori senza cambiare nulla nella propria vita.
Un proposito diverso
Grazie a queste festività ed ai giorni di ferie che ne conseguono, con la chiusura di molte aziende e fabbriche molti approfitteranno per ritrovarsi con parenti che non vedono da tempo. Quanto sarebbe bello determinare di non dirsi un arrivederci all’anno prossimo e progettare di rivedersi anche in date non comandate dal calendario, proprio per il piacere di rivedersi e stare insieme.
E per quanto riguarda la carità, sarebbe più utile praticarla con costanza, senza aspettare un determinato periodo per dimostrare la nostra generosità.
Le festività non sono un problema. Sono una lente d’ingrandimento che mette in evidenza alcune contraddizioni della nostra società. Dietro le luci e i sorrisi si nasconde spesso una realtà diversa da quella che appare. Ma questa realtà può cambiare, se abbiamo il coraggio di guardarla in faccia e di agire di conseguenza.